Scarlett era sul cesso, l’unico posto al mattino dove vorrebbe essere. Una volta chiusa la porta, tutto resta fuori e lei comincia ad accendere il cervello, piano, con tutta la calma di questo mondo. Pensa e pensa, non fa altro che pensare, a ieri, a oggi e a domani. Pensa a tutte le persone che si sono svegliate accanto al marito o alla moglie e a quelle a cui non hanno nessuno con cui svegliarsi vicino. In fondo non è triste, vero?

Ci sono moltissime persone che non hanno un’amore e stanno benissimo, fanno comunque sesso, hanno amici e un lavoro.

Scarlett però aveva solo il suo gatto, un bel maschietto che lei considerava il suo “fidangatto”, in fondo le stava bene così, è una bella donna, in carriera e ha la casa dei suoi sogni.

Non si faceva amici con molta facilità, soprattutto amiche, quelle parlavano solo di scarpe e vestiti. Ribelle di natura, sua madre era disperata con una figlia che non voleva indossare le gonnelle bellissime e coloratissime che aveva così accuratamente scelto per lei.

Era lunedì, tutti odiano il lunedì, invece lei lo ama, perché si torna al lavoro, l’unico posto dove i pensieri sulla sua vita..cessano.

La macchina non partì quella mattina e fu costretta a prendere il treno, il quale, era pieno di impiegati dalle facce e dai completi grigi. Loro non erano per niente contenti di andare al lavoro. Capi stronzi, colleghi di lavoro che sparlano dietro e quella maledetta sveglia che suona anche quando è domenica, perché se non si lavora nell’ufficio o in fabbrica, di certo c’è qualcosa da fare in casa.

Scarlett ama stare in mezzo alla natura ma non in mezzo alle gente, soprattutto se c’è troppa gente come in quel treno. Vide un posto libero e si avviò quando un ragazzo sulla ventina la precede e si siede sorridendo con aria strafottente, della serie: “Il posto è mio, vecchia rincoglionita, e non ci penso nemmeno di lasciartelo solo perché sei donna!”

Dentro la sua testa c’erano bestemmie e auguri di diarrea perenne a quel malcapitato, andò oltre cercando di mantenere la calma e trovò un posto vicino ad un signore di mezz’età, distinto e con il riporto.

“Posso?”

“Prego, signorina, si sieda pure.”

Contenta di aver trovato un posto, tira fuori il suo mp3 e mette a tutto volume una delle canzoni che non poteva smettere di ascoltare quei giorni. Dopo nemmeno un paio di secondi il signore accanto a lei le fa segno con la mano.

“Scusi ma qua non siamo in una discoteca signorina, sto cercando di leggere il mio giornale, il volume della sua musica è troppo alto.”

“Mi scusi lei, abbasserò il volume..”

“Ma non c’è mica bisogno della musica signorina, le faccio compagnia io, dove sta andando?”

Lei voleva alzarsi e cambiare posto, ma era troppo tardi, quell’uomo aveva trovato il modo propizio per romperle i coglioni alle 8 del mattino e lei si sentiva come se avesse addosso una sanguisuga viscida e lurida.

“Guardi, veramente devo scendere fra 10 minuti, mi pare uno spreco iniziare una conversazione, magari interessantissima, per poi non poterla nemmeno finire, non crede?”

L’uomo aveva colto l’ironia e con un colpo di tosse si schiarì la voce, palesemente imbarazzato e scocciato dalla sua impertinenza. Cerco di alzare quei orrendi baffi su cui aveva ancora un pezzo di muffin e impersonare l’uomo sereno e pacifico con un sorriso forzato, quando si vedeva chiaramente che voleva aprire la bocca per delle imprecazioni. A prima vista sembrava un uomo frustrato, molto frustrato, narcisista e autoritario.

Lei si alza in anticipo e lo saluta, ovviamente è soddisfatta, non gliene fregava molto di aver offeso o meno quel signore, ma alle 8 del mattino non ha molta voglia di parlare. Il treno di ferma di botto e lei con tutte e 2 le mani occupate fa un balzo in avanti e finisce per terra, proprio vicino al piedi di quel ragazzino di prima che le aveva fregato il posto. C’è chi ride e c’è chi si avvia per darle una mano ad alzarsi. Forse erano passati 4 o 5 secondi, ma per lei è come se fosse stata un’eternità, era come uno di quei momenti quando tutta la tua vita ti passa davanti agli occhi. Si è ricordata di suo padre che non è riuscita a vedere prima che lui morisse, di sua madre che vive con la sua solitudine e il peso delle proprio scelte, di S.

“Signorina, permetta, l’aiuto io ad alzarsi.”

Lei ringrazia senza guardarlo in faccia e va oltre, si affretta per scendere e si mischia con quella gente che sembrano delle formiche, seguono il grande piano della loro vita che consiste nel lavorare e far girare l’economia.

L’uomo che l’aiutò ad alzarsi doveva scendere 10 stazioni più in là, si risiede e gli cade l’occhio per terra, c’era il suo mp3, merda, era troppo tardi per restituirglielo. Era molto dispiaciuto, avrebbe voluto scendere e correrle dietro, sapeva bene cosa voglia dire la musica, in fondo era un musicista.

Stava andando a fare un provino per incoronare il suo sogno, fare il cantante. Prende l’mp3 e decide di conservarlo, lo accende e scorre tutta la lista delle canzoni, rimane piacevolmente sorpreso della varietà di quei nomi. Lui non si era portato niente dietro ed è stato contento di poter ascoltare un po di musica.

Scarlett dopo la terribile giornata avuta avrebbe voluto ascoltarsi un po di musica, ma non riesce a trovare il suo mp3, ed eccola lì, nella stazione, nel mese di dicembre, in mezzo alla folla inferocita senza la sua musica. Pensò che mentre quel ragazzo l’aveva aiutata ad alzarsi forse aveva infilato le mani nella borsa.

“Cretino!”

Lo disse a voce talmente alta che si fece silenzio e lei divento rossa e decise di prendere l’ultimo treno, ma chi se ne frega, tanto a casa il “fidangatto” aveva tutto il necessario per sopravvivere altre 5 6 ore.

Si mangiò una pizza in un ristorante molto carino e ogni tanto scambiava sguardi con un uomo seduto anche lui da solo al tavolo di fronte. Lui si fece coraggio e si diresse verso il suo tavolo, ma era talmente concentrato su di lei che non vide il cameriere e lo prese in pieno. Camicia, pantaloni e perfino le mutande erano impregnate di pasta allo scoglio e coca cola. Dopo uno scambio di interminabili scuse da parte del cameriere, che non aveva alcuna colpa, ma si sa, il cliente ha sempre ragione, a maggior ragione se è ricco ed è un cliente fisso. Si arrese, ritornò al suo tavolo, nero, e rinunciò alla sua preda.

Scarlett era molto divertita per via dell’accaduto, un po dispiaciuta perché non ha potuto “usufruire” delle attenzioni del signore, ma contenta di non dover far finta di essere interessata a parlare di come era diventato ricco e quanto amava la sua macchina sportiva che andava come un fulmine.

Non era quello il tipo di uomo che amava lei, il suo uomo ideale è intelligente, ironico, paziente e ribelle come lei. Arrivò in stazione in ritardo perché si era fermata a prendere il gelato e niente più treni per tornare a casa. Stanca e delusa della terribile giornata decide di dormire lì e non tornare a casa, prende una stanza nel primo hotel che trova e crolla come una pera cotta.

Nuova giornata di lavoro, cesso estraneo e nessuna voglia di alzarsi da quel letto anche se scomodissimo.

A giornata finita, contentissima di poter tornare finalmente a casa, prende il treno che è praticamente vuoto. Contenta, si siede vicino ad un ragazzo con i capelli lunghi e una chitarra vicino.

“Posso?”

“Prego, si sieda pure.”

Lui appena alza lo sguardo la riconosce, e cerca il suo sguardo sperando che anche lei lo riconosca. Lei sembra quasi infastidita dal suo sguardo e fa per parlare quando lui le racconta la vicenda.

“Ah, ma era lei? Mi scusi ma non l’avevo guardata in faccia, ero di fretta.”

“Si figuri, ecco qui il suo mp3, non pensavo di vederla ancora sa?”

“Miracoli della vita.”

Prese il suo mp3 e fece per accenderlo, ma era scarico, allora ha pensato che lui la prendesse in giro o qualcosa del genere.

“Chiedo scusa, ma non pensavo di rivederla ancora, e vedendo la bellissima scelta di canzoni mi sono permesso di ascoltarle.”

Lei non disse niente, per la prima volta lo guardò e parlarono in quei 15 minuti di tutto e di più. Lui abitava molto distante, ne aveva ancora un pezzo di strada, le diede il suo numero e l’invitò al suo prossimo concerto.

Lei scese con il numero in mano, era un pezzo di uno spartito, lo salutò e rimase lì ancora altri 10 minuti prima che partisse di nuovo il treno. Era stato un incontro breve, senza aspettative senza niente, ma entrambi avrebbero voluto restare ore a parlare. Lei avrebbe potuto invitarlo a casa sua, ma non si conoscevano abbastanza, lui avrebbe potuto fermarsi ad un hotel ma non aveva un euro, lei avrebbe potuto accompagnarlo ancora un pezzo di strada ma aveva gli stessi vestiti di ieri e avrebbe dovuto fermarsi chissà dove.

Il treno partì, e lui era fuori dal finestrino a guardarla mentre si allontanava da lui. Era solo un incontro di 15 minuti, un incontro breve dove due persone non hanno tempo per conoscersi, non hanno tempo per piacersi o per innamorarsi. Ma era stato un incontro del destino, un incontro che poteva diventare altro.

C’era vento quella sera, e lei si era distratta, allora il bigliettino le era volato via dalla mano, era notte fonda e non si vedeva niente. Sorrise, e se ne andò verso casa, era stata una giornata piena e cominciò a credere di nuovo nel destino, chissà, forse si incontreranno ancora o forse no.

 

Black Magnolia